Psicosi, la nemica della ristorazione
“Poco dopo l’inizio della pandemia, il virus ha per così dire preso il controllo delle nostre vite: un essere biologico invisibile riusciva a vincere su tutti i nostri mezzi, secoli di cultura e progresso, di leggi, di industria. Non siamo riusciti ad opporre resistenza e il coronavirus ci ha cambiato la vita. Questa sensazione di impotenza, di inconoscibilità del nemico, può creare in tutti un inizio di psicosi che nella maggior parte dei casi si supera…”, sono parole che Paolo Milone, psichiatra e autore del libro L’arte di legare le persone, ha rilasciato in un’intervista lo scorso anno.
A distanza di due anni dall’inizio della pandemia la psicosi sta generando i suoi frutti più amari: ricevere, tutte le sere, per due anni consecutivi un bollettino di guerra all’ora di cena è una cosa che sfiancherebbe chiunque e, a maggior ragione, adesso. È vero che non è finita ma è altrettanto vero (e questo non lo si dice mai abbastanza, perché come tutte le notizie positive non fa notizia) che abbiamo vaccinato il 90% della popolazione e che è probabilmente arrivato il momento di trattare come endemica questa vicenda.
Ne va della testa delle persone, ne va dell’economia di intere categorie produttive, piccole e grandi. È arrivato il momento di capire cosa è cambiato e, soprattutto, gestirlo questo cambiamento.
Prendiamo i ristoranti, dal momento che è il nostro settore di lavoro; oggi chi ha un ristorante, molto più di un anno fa, ha il diritto di poter accogliere gli ospiti, con tutte le regole rispettate, senza sottostare alla psicosi collettiva che sta insanguinando le società.
Mi si dirà che il ristorante è un bene superfluo, può darsi ma, guarda caso, è al ristorante che le persone hanno trovato un po’ di pace e condivisione quando la pandemia era calata l’estate scorsa. Quindi non è proprio superfluo come servizio!
I ristoratori, nella stragrande maggioranza dei casi, hanno seguito tutte le regole imposte; sono una minoranza sparuta i ristoratori che non capiscono. E le persone, sempre nella stragrande maggioranza dei casi, il Covid non lo hanno contratto a cena in un ristorante, questo è un dato ormai accertato.
Quindi smettiamola con una comunicazione che, adesso, si sta trasformando in terrorismo psicologico! Smettiamola con i bollettini di guerra giornalieri! Servono solamente a rallentare, non la pandemia, ma la vita!
Tornare a vivere, e questo lo abbiamo imparato fin troppo bene, è una necessità, e occorrerà farlo con regole nuove. Parliamo di questo, decidiamo insieme queste regole, adeguiamo le nostre vite a ciò che di nuovo ci ha lasciato questa pandemia, cercando di vivere secondo i nostri bisogni essenziali, senza strafare, senza il sopra le righe, ma bene!
E, in questo vivere bene, c’è anche una ristorazione seria, capace, sempre attenta al benessere degli ospiti. Anche in questo sono cambiate le cose. È venuto il momento di accorgersi del cambiamento!